Diritto alla transizione per il lavoratore, quali prospettive?

Esiste un “diritto alla transizione” inteso come diritto a poter ambire a un lavoro migliore (dal punto di vista economico, di sostenibilità personale o altro)?

 

Il dibattito elettorale delle ultime settimane sembra aver lasciato da parte il tema della “flexicurity” così come quello delle politiche attive del lavoro. Da entrambe le parti dell’agone politico si è parlato poco o nulla sia delle criticità del mercato del lavoro concentrandosi o solo sugli esclusi o solo sui sistemi di incentivi pubblici alle imprese con l’obiettivo di generare lavoro o di ridurne il costo. Quello che ci si aspetta, dunque, è una maggiore attenzione sul mondo del lavoro con un focus su chi non può per molti motivi lavorare o almeno farlo nell’immediato futuro senza una azione di ri-accompagnamento nel mondo del lavoro, come la maggior parte dei beneficiari del reddito di cittadinanza.

La sfida centrale dovrebbe essere quella di consentire a tutti i lavoratori, in qualunque condizione economica, contrattuale e professionale si trovino, un “diritto alla transizione” inteso come un diritto a poter ambire a un lavoro migliore (sia esso dal punto di vista economico, di sostenibilità personale o altro) senza che si sia abbandonati totalmente al mercato in questa scelta. Infatti il mercato ha mostrato di non essere efficiente nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche a causa delle tante distorsioni che ben si conoscono, conducendo al noto paradosso di avere lavoratori con competenze alte che non trovano lavoro e lavoratori con competenze basse che si trovano a svolgere lavori per i quali non sono preparati, con i conseguenti danni per la produttività. Inoltre, senza un vero diritto alla transizione saranno soprattutto le persone con le reti sociali meno ampie, con le conoscenze in materia di percorsi di formazione e riqualificazione meno profonde e con più difficoltà di altro genere ad essere penalizzate.

Per questo sarebbe utile una grande alleanza con le parti sociali, con i territori, con le scuole nella costruzione di ecosistemi dell’innovazione che abbiano anche il compito di rendere efficiente il mercato incontrandosi con i bisogni (anche nuovi) dei lavoratori.

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