Stage e subordinazione: Lo stagista non può chiedere di essere assunto se il suo rapporto di lavoro non è caratterizzato dagli indici della subordinazione.

In mancanza di indici che comprovino l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, lo stagista non ha diritto all’assunzione.

Questo, il principio sancito dalla Corte di Cassazione (30 agosto 2022, n. 25508) in relazione al caso di un frequentante del “Master Universitario in esperto in gestione del lavoro e delle relazioni sindacali”, il quale, in attuazione della “Convenzione per Tirocini di Formazione ed Orientamento” conclusa tra il Dipartimento sui Rapporti di Lavoro e sulle Relazioni Industriali (Università di Bari, soggetto promotore) e la società AQP (Acquedotto pugliese S.p.A, soggetto ospitante), ha svolto presso la suddetta società un periodo di tirocinio “per acquisire conoscenza reale delle funzioni dell’Ufficio Personale, affiancando il responsabile dell’area Comunicazione Interna aziendale nello svolgimento dell’attività del suo ufficio”.

Il tirocinante, al termine dello stage formativo, dopo aver avanzato istanza, respinta dalla società, per la stipulazione di un rapporto di collaborazione lavorativa, ha presentato ricorso chiedendo la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato.

Il caso affrontato 

Uno stagista, che frequentava un master universitario, in attuazione della Convenzione per tirocini di Formazione ed Orientamento, conclusa tra il Dipartimento sui rapporti di Lavoro e sulle Relazioni industriali e la società AQP, svolgeva presso questa società un primo periodo di tirocinio di tre mesi, poi prorogato, per acquisire conoscenza reale delle funzioni dell’ufficio del personale, secondo quanto risultava dal progetto formativo e di orientamento.

Terminato lo stage formativo, presentava istanza di assunzione, avendo appreso che altra stagista, concluso il tirocinio, era stata assunta a tempo determinato; tale istanza veniva, tuttavia, respinta dalla società. Seguiva una seconda domanda con la quale lo stagista reiterava la richiesta di assunzione evidenziando la illegittimità della procedura di “selezione diretta” di n. 201 unità che, nelle more era stata bandita dalla società, assumendone le necessità occupazionali; anche la suddetta istanza veniva respinta.

Presentava, quindi, ricorso nei confronti della società, per l’accertamento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato oltre (alla ricostituzione del rapporto e) al risarcimento del danno.

I Giudici di merito motivavano la sentenza di rigetto, evidenziando l’assenza, nel caso in esame, degli indici rivelatori della subordinazione indicati dalla giurisprudenza di legittimità, quali l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, ovvero, in via sussidiaria, l’inserimento continuativo del lavoratore stesso nell’impresa; il vincolo di orario, la forma della retribuzione, l’assenza di rischio.

Veniva proposto ricorso per la cassazione della sentenza, deducendo che il rapporto intercorso con la società celerebbe un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, alla luce delle modalità di svolgimento dello stesso e che, pertanto, la lettera con la quale la società aveva respinto l’istanza di assunzione, corrisponderebbe ad una vera e propria intimazione di un licenziamento illegittimo.

La risposta della Corte di Cassazione

Le doglianze formulate con il motivo di ricorso sono state ritenute infondate dalla Suprema Corte, la quale con Ordinanza n. 25508 del 30.08.22 ha fatto proprio il percorso motivazionale seguito dalla Corte di Appello, concludendo che, nel caso in argomento, non fosse ravvisabile alcuno degli indici che connotano la subordinazione.

Sul punto, la Corte di legittimità ha, in particolare, ribadito che, ai fini della individuazione della c.d. natura giuridica del rapporto, il primario parametro distintivo della subordinazione deve essere necessariamente accertato o escluso anche mediante il ricorso ad elementi sussidiari che il giudice deve individuare in concreto, dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dall’effettivo svolgimento del rapporto, essendo il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto, elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione (ai sensi dell’art. 1362 II co. cc) ma anche ai fini dell’accertamento di una nuova e diversa volontà, eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, da autonoma  a subordinata; con la conseguenza che, in caso di contrasto fra i dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e quelli di fatto emergenti dal suo concreto svolgimento, a questi ultimi deve darsi necessariamente rilievo prevalente nell’ambito di una richiesta di tutela formulata tra la parti del contratto (Cass. nn. 4770/2003; 5960/1999).

A tal fine sono stati richiamati gli indici di subordinazione rappresentati da:

– retribuzione fissa mensile in relazione sinallagmatica con la prestazione lavorativa;

– orario di lavoro fisso e continuativo;

– continuità della prestazione in funzione di collegamento tecnico organizzativo e produttivo con le esigenze aziendali;

– il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia;

– l ’inserimento nell’organizzazione aziendale

Dunque, sul lavoratore che intenda rivendicare in giudizio l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato grava l’onere di fornire gli elementi di fatto corrispondenti alla fattispecie astratta invocata.

Al contrario, nel caso di specie, come correttamente rilevato dai giudici del gravame, secondo la Corte, lo stagista non aveva fornito alcuna prova relativa neppure agli indici sussidiari di subordinazione; ha esaminato gli elementi qualificanti la subordinazione, quali enunciati dalla Corte di legittimità (vd., ex plurimis, Cass. n. 14296/2017), pervenendo (come innanzi già sottolineato) – attraverso la delibazione dei punti di emersione probatoria ed alla luce dei richiamati, costanti insegnamenti giurisprudenziali – con un iter motivazionale del tutto coerente, ad escluderne la sussistenza con riferimento alla fattispecie.

Da tanto conseguiva il rigetto del ricorso.

La decisione pare corretta e in linea con la giurisprudenza della Corte.

Si segnala anche la sentenza n. 18192 del 16 settembre 2016, con la quale la Cassazione è intervenuta in materia di legittimità del rapporto di tirocinio preceduto da un rapporto di lavoro subordinato.

In particolare, in quel caso, la Corte ha invece ritenuto (la Corte non dichiara nel merito, valuta la sentenza, dà indicazioni di massima, e nel caso cassa e rinvia al giudice di merito per l’applicazione del principio di diritto e l’eventuale accertamento della natura del rapporto) la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel caso in cui il lavoratore abbia già acquisito una precedente professionalità, a seguito di un rapporto di lavoro intercorso con il medesimo datore di lavoro in epoca antecedente alla stipula del contratto di tirocinio formativo e di orientamento. 

La Corte ha così considerato il lavoratore un vero e proprio dipendente dell’Azienda, anche alla luce degli specifici compiti svolti e dal ruolo assunto in azienda, nulla valendo il fatto che il tirocinante aveva svolto la propria prestazione sotto la guida di un tutor aziendale che lo avviava alla conoscenza del “mestiere” secondo quanto indicato all’interno del progetto formativo.

Si segnala altresì la sentenza n. 20231 del 25 settembre 2014 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione che ha, ravvisato il carattere della subordinazione nelle modalità di esecuzione del tirocinio professionale di un giovane aspirante geometra nei confronti dello studio di architettura presso il quale lavorava, in particolare nella carenza del necessario insegnamento del dominus.

Nelle motivazioni la Suprema Corte ha osservato come correttamente il Giudice di merito, in entrambi i gradi di giudizio, abbia valorizzato il principio dell’effettività cui, nel diritto del lavoro, occorre aver riguardo nell’individuazione della natura del rapporto, che importa la prevalenza sul nomen juris utilizzato dalle parti, ovvero sulla dichiarazione contrattuale con le quali le stesse hanno formalizzato il rapporto, dell’assetto di interessi emergente dal comportamento concreto da esse tenuto nello svolgimento del rapporto stesso.

Accorgimenti operativi

Al fine di prevenire contestazioni in merito alla genuinità del rapporto di tirocinio, potrebbero allora risultare opportuni, nelle situazioni di maggiore incertezza, due accorgimenti operativi prudenziali.

Il primo consiste nel valorizzare l’assenza di una eterodirezione nell’impostazione generale del rapporto di tirocinio, attraverso la redazione di un documento aggiuntivo alla convenzione di tirocinio e al progetto formativo individuale, solitamente compilati in base a schemi standardizzati definiti dalle normative regionali che evidenzi ad es. la volontà di escludere la natura subordinata del rapporto in riferimento alle prestazioni svolte in esecuzione del piano formativo.

Il secondo consiste nell’impostazione di un sistema di rendicontazione periodica che permetta di dimostrare – in caso di accertamento ispettivo o di contenzioso – l’avvenuto mantenimento, nei periodi di esecuzione della formazione on the job, di modalità di gestione non contrastanti con la natura non subordinata del rapporto.

La questione meriterebbe ulteriori approfondimenti anche alla luce delle novità normative e giurisprudenziali che, presumibilmente, interverranno in materia anche, e soprattutto, al fine di evitare l’uso distorto del contratto di stage formativo.

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